Il Comune di Madignano aveva installato una telecamera nell'atrio della propria sede, collegandola a un sistema di videosorveglianza, a seguito di un'aggressione nei confronti dell’assistente sociale e dell’allora assessore.
Successivamente la telecamera è stata utilizzata in un procedimento disciplinare nei confronti di una dipendente per mancato rispetto dell'orario di lavoro.
Durante l'indagine il Comune ha fornito versioni contraddittorie sulla finalità della videsorveglianza, inizialmente per "tutelare il patrimonio comunale e l'incolumità dei dipendenti" e successivamente per "pubblica sicurezza e accertamento dei reati". Il Garante ha stabilito che la telecamera non poteva essere utilizzata per la sicurezza urbana, in quanto non riprendeva la pubblica via -- e comunque il Comune non aveva stipulato un patto con la Prefettura che prevedesse l’istallazione della telecamera all’interno dell’atrio -- né per la pubblica sicurezza perché la Polizia locale non ha competenze in materia.
Il Garante ha concluso quindi che l'utilizzo della telecamera rientrava nell'ambito dell'art. 4, comma 1, della legge 300/1970, che regola l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro e richiede l'accordo sindacale o l'autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro. Accordo o autorizzazione che il Comune non aveva ottenuto prima di iniziare a utilizzare la telecamera. A questo proposito, il Garante ricorda che la videosorveglianza nei contesti lavorativi, privati o pubblici, può essere giustificata solo rispettando le garanzie previste dalla legge nazionale, senza le quali costituisce un'interferenza illecita nella vita privata del dipendente, ai sensi dell'art. 8, par. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
Per quanto riguarda invece la correttezza e la trasparenza del trattamento, quando si utilizzano sistemi di videosorveglianza, il titolare del trattamento, oltre a fornire l’informativa di primo livello, con l'apposizione di segnaletica di avvertimento nei pressi della zona sorvegliata, deve fornire anche delle “informazioni di secondo livello”, che devono “contenere tutti gli elementi obbligatori a norma dell’articolo 13" del Regolamento ed essere facilmente accessibili per l’interessato.
Il Garante ha concluso infine che l’utilizzo dei dati raccolti mediante il sistema di videosorveglianza in questione nell’ambito del procedimento disciplinare nei confronti della dipendente è avvenuto in violazione sia della disciplina di settore in materia di controlli a distanza sia di quella in materia di protezione dei dati. |