IL FATTO
Un comune ha partecipato a due progetti finanziati con fondi UE che avevano l’obiettivo di sviluppare soluzioni tecnologiche volte a migliorare la sicurezza in ambito urbano, secondo il paradigma delle c.d. “città intelligenti” (smart cities).
In particolare, in un progetto si prevedeva l’acquisizione di filmati estratti dalle telecamere di videosorveglianza già installate nel territorio comunale per finalità di sicurezza urbana nonché dell’audio ottenuto da microfoni appositamente collocati sulla pubblica via ai fini del progetto. Tali dati venivano analizzati al fine di rilevare in maniera automatizzata, mediante tecniche di intelligenza artificiale, eventi rilevanti ai fini della salvaguardia della pubblica sicurezza (es. assembramenti, aggressioni, scippi, risse, ecc.). In particolare, le immagini venivano utilizzate al fine specifico di addestrare gli algoritmi di intelligenza artificiale a riconoscere potenziali situazioni di rischio per la pubblica sicurezza.
In un altro progetto si prevedeva oltre l’utilizzo delle immagini e degli audio anche la raccolta e l’analisi, mediante tecniche di intelligenza artificiale, di messaggi d’odio pubblicati sulla piattaforma “Twitter” (ora denominata “X”) e commenti pubblicati sulla piattaforma “YouTube”, al fine di rilevare eventuali emozioni negative (aggressività, rabbia o altre emozioni negative sul tema della religione), elaborando, mediante tecniche di intelligenza artificiale, informazioni ritenute d’interesse per le Forze dell’ordine, al fine di identificare rischi e minacce per la sicurezza dei luoghi di culto.
NATURA DEI DATI TRATTATI
Secondo il Garante il Comune, nell’ambito dei due progetti, ha posto in essere un trattamento di dati personali relativi a reati e, per quelli acquisiti dalle reti sociali, dati particolari riguardando l’ambito religioso.
LE CONTESTAZIONI DEL GARANTE
Sulle tecniche di anonimizzazione impiegate
Il Garante ha contestato che le tecniche impiegate dal Comune, successivamente alla raccolta dei dati, potessero considerarsi idonee a realizzare un’effettiva anonimizzazione degli stessi, rilevando innanzitutto che anche l’acquisizione e la temporanea memorizzazione di dati personali, come l’immagine del volto ripresa da dispositivi video, ancorché per una ridotta frazione temporale, costituisce un trattamento di dati personali.
Il Comune a sua difesa aveva affermato che “l’anonimizzazione dei dati audio consiste nella sostituzione della voce del parlante, mantenendo quanto più inalterate possibile le caratteristiche del segnale audio, incluso il contenuto semantico del parlato”.
Al riguardo, il Garante ha invece osservato come la sola sostituzione della voce del soggetto parlante non è in alcun modo idonea ad anonimizzare i dati personali correlati a una conversazione, atteso che dal contenuto della stessa è possibile ricavare informazioni relative sia al soggetto parlante sia a terzi e che tali informazioni possono rendere identificabile il parlante, i suoi interlocutori o i soggetti terzi a cui si fa rifermento nel discorso. Oltre a ciò, si deve osservare che, tenuto conto dell’ampia varietà di argomenti che vengono usualmente affrontati nelle conversazioni, non possono essere a priori esclusi trattamenti di dati personali relativi a reati o a categorie particolari o comunque riguardanti soggetti vulnerabili (minori, lavoratori, soggetti fragili, ecc.).
Per quanto attiene ai file video utilizzati, il Comune aveva affermato che la tecnica di anonimizzazione impiegata consisteva unicamente nell’offuscamento dei volti delle persone e delle targhe dei veicoli ripresi. Anche in questo caso, tale tecnica, secondo il Garante, non poteva ritenersi idonea ad assicurare l’effettiva anonimizzazione dei dati, atteso che gli interessati sono comunque potenzialmente identificabili tramite altre caratteristiche fisiche o elementi di contesto (come, ad esempio, corporatura, abbigliamento, posizione nella scena filmata, caratteristiche fisiche particolari, ecc.) o informazioni detenute da terzi (come, ad esempio, notizie di stampa relative a fatti di cronaca, informazioni fornite da persone presenti nella scena filmata, ecc.) o ancora informazioni desumibili, ad esempio, dalla localizzazione della telecamera (aree prospicenti determinati esercizi commerciali, studi medici o scuole) o, infine, informazioni relative al percorso effettuato da una determinata persona individuata nelle immagini video mediante le predette caratteristiche fisiche e gli elementi di contesto, stante la possibilità di seguire i suoi spostamenti fra le diverse telecamere installate.
Secondo il Garante le tecniche utilizzate dal Comune rendono piuttosto i dati pseudo anonimizzati dovendosi di conseguenza ritenere applicabile la disciplina in materia di protezione dei dati personali: la pseudonimizzazione, in quanto tecnica volta alla protezione del dato, non equivale ad anonimizzazione
Sulla liceità e la correttezza del trattamento.
Secondo il comune la base giuridica del trattamento doveva ritenersi individuata nelle disposizioni di legge e statutarie che annoverano tra le funzioni amministrative di interesse locale attribuite ai comuni lo sviluppo culturale, sociale ed economico della popolazione,
Per il Garante invece le già menzionate disposizioni, che attribuiscono al Comune una competenza del tutto generica e meramente programmatica ai fini della promozione dello sviluppo culturale, sociale ed economico della popolazione, non possono ritenersi idonee a soddisfare i requisiti di qualità della base giuridica ai fini del GDPR. La normativa su cui si fonda il trattamento deve prevedere regole chiare e precise che disciplinino la portata e l’applicazione della misura [prevista] e impongano requisiti minimi in modo che le persone i cui dati personali sono interessati dispongano di garanzie sufficienti che permettano di proteggere efficacemente [i] dati contro il rischio di abusi. Tale normativa dev’essere giuridicamente vincolante nell’ambito dell’ordinamento nazionale e, in particolare, indicare in quali circostanze e a quali condizioni una misura che preveda il trattamento di tali dati possa essere adottata, Garantendo così che l’ingerenza sia limitata allo stretto necessario.
Nel caso di specie, invece la legge che consente ai Comuni “l'installazione di sistemi di videosorveglianza” ai soli fini di “prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria” non contempla l’utilizzo di microfoni per l’acquisizione del segnale audio e non consente l’utilizzo delle immagini di videosorveglianza, da parte degli Enti locali, per finalità di trattamento ulteriori, specialmente nel caso in cui esso si ponga in contrasto con la ragionevole aspettativa degli interessati
La finalità di ricerca scientifica non è annoverata tra le competenze istituzionali del Comune e, pertanto, i trattamenti di dati personali in questione non possono ritenersi autorizzati ai sensi del quadro giuridico europeo e nazionale che definisce, tra le altre, i presupposti soggettivi e oggettivi per effettuarli
Sulla trasparenza del trattamento
Il Garante contesta anche il contenuto dell’informativa resa dal Comune.
L’informativa non fa specificamente riferimento alla finalità di trattamento connessa alla ricerca scientifica, lasciando erroneamente intendere agli interessati che anche i trattamenti di dati personali, posti in essere nell’ambito dei due progetti fossero riconducibili alle finalità di sicurezza urbana;
Gli interessati non sono stati messi in condizione di comprendere che anche il contenuto delle proprie conversazioni sarebbe stato acquisito e trattato ai fini del progetto a nulla rilevando che, per le caratteristiche intrinseche del sistema di registrazione l’effettiva possibilità di udire rilevanti contenuti semantici era da considerarsi una eventualità pressoché nulla, tenuto conto che la possibilità di acquisire il contenuto di conversazioni non era comunque in radice esclusa e che, nella documentazione relativa al progetto, l’acquisizione di tale contenuto costituiva uno specifico elemento di interesse ai fini dell’addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale volti al riconoscimento di situazioni di pericolo per la pubblica sicurezza.
Quanto ai tempi di conservazione dei dati, nel cartello di informativa si legge che “i dati audio e video sono conservati per un periodo di sette giorni decorrenti dalla data della rilevazione”, ragionevolmente con riferimento alla finalità di sicurezza urbana. Tale termine non può, invece, trovare applicazione in relazione all’audio, la cui raccolta non è consentita dal quadro normativo in materia di videosorveglianza per finalità di sicurezza urbana.
Il Comune ha, poi, omesso di fornire agli interessati chiare indicazioni in merito alle modalità con la quali gli interessati avrebbero potuto consultare l’informativa completa sul trattamento dei dati personali. In particolare, Il cartello informativo di primo livello rimanda al “sito internet istituzionale del Comune”, senza indicare la specifica pagina/sezione di tale sito o inserire un QR Code, su cui l’informativa completa poteva essere reperita, così, di fatto, ostacolando la possibilità per gli interessati di accedere alla stessa
Si è omesso di specificare che l’audio avrebbe potuto riguardare anche le conversazioni intercorse tra le persone presenti sulla pubblica via e di illustrare i trattamenti di dati personali che riguardano gli utenti che hanno pubblicato messaggi sulla piattaforma “Twitter” o commenti sulla piattaforma “YouTube” cosi come la circostanza che tali informazioni sarebbero state comunicate agli altri partner dei progetti.
Da ultimo, si rileva che la sezione “diritti dell'interessato”, non contiene alcun riferimento al diritto degli interessati di proporre reclamo a un'autorità di controllo.
Sulla valutazione d’impatto sulla protezione dei dati
Il Garante ha poi censurato il documento redatto dal Comune e contenente la valutazione d’impatto osservando che risulta privo di data e non reca la sottoscrizione né del legale rappresentante del Comune né di altro soggetto a tal fine autorizzato, circostanze che non consentono di verificare che il documento in questione sia stato redatto prima della data di inizio del trattamento e di attribuire lo stesso all’Ente.
Alla difesa del comune che sosteneva che la valutazione di impatto fosse stata inserita “nell’applicativo informatico contenente il registro delle attività di trattamento”, il Garante ha osservato che tale procedura non fosse idonea ad attribuire data certa al documento.
In ogni caso, il documento in questione riguardava esclusivamente i trattamenti di dati personali connessi all’impiego di “sistemi di videosorveglianza intelligente” e non considerava quelli effettuati nell’ambito del progetto.
Il documento non conteneva, inoltre, alcuna valutazione in merito alla “necessità e proporzionalità dei trattamenti in relazione alle finalità” e in particolare non illustrava le ragioni per le quali il Comune non avrebbe potuto condurre i progetti di ricerca scientifica in questione in ambienti urbani simulati, ovvero senza raccogliere e trattare i dati personali delle persone realmente presenti nella pubblica via oppure senza trattare determinate tipologie di dati caratterizzati da particolare delicatezza, come il contenuto delle conversazioni.
Per il Garante poi l’analisi effettuata risultava del tutto generica e avulsa dagli effettivi mezzi del trattamento, anche molto sofisticati sotto il profilo tecnologico, impiegati nei due progetti in questione, risultando, pertanto, impossibile comprendere l’effettivo rischio incombente in termini di sicurezza dei dati e l’idoneità delle misure attuate dal titolare per mitigare lo stesso,
Il documento infine non prendeva in alcun modo in considerazione gli altri rischi per i diritti e le libertà degli interessati, specialmente per quanto concerne le possibili conseguenze per gli interessati derivanti dal trattamento di informazioni particolarmente delicate quali il contenuto delle conversazioni, i dati relativi a reati e quelli relativi alle convinzioni religiose. Né venivano analizzate le misure adottate per mitigare tali rischi.
Qui il provvedimento. |